Il mercato del lavoro sta vivendo un momento di grande dinamismo e complessità.
Si affacciano fenomeni nuovi e, per certi versi, incomprensibili che vanno affrontati con un approccio nuovo alla gestione delle imprese e non con soluzioni “fai da te” o improvvisate.
Sicuramente non ci sono soluzioni “chiavi in mano” o uguali per tutte le realtà imprenditoriali, in quanto ognuna ha una storia, un linguaggio, uno stile e una cultura propria.
In questo grande sconvolgimento dettato dalla difficoltà di reperire risorse qualificate e difficoltà a trattenere risorse in azienda, molti scelgono la via degli aumenti di stipendio o premi una tantum, altri ancora adottano politiche di welfare.
Entrambe le soluzioni non sono né giuste né sbagliate. Tutto dipende dalla strategia di un’azienda. Certo è che da sole non bastano.
Ne è la prova il fatto che comunque certi fenomeni non si arrestano.
Nel 2000 insieme al mio socio ho fondato la Compagnia della Rinascita con l’obiettivo specifico di far rinascere imprese e persone.
Tutti mi chiedono perché questo nome? E soprattutto cosa c’entra con questo problema enorme che sta affliggendo le aziende?
C’entra eccome e ve lo spiego.
Già allora avevamo notato che nelle aziende le persone stavano male, non si sentivano valorizzate, vivevano momenti di grande frustrazione ed alcune si ammalavano. Tutto questo con effetti negativi sulle efficienze e quindi sui risultati economici delle aziende.
Nonostante tutto le persone, in passato, restavano in azienda perché uno stipendio serviva e anche perché la mia generazione è cresciuta con il valore del “lavoro è una cosa importante, non si può non lavorare”.
I tempi sono cambiati, i valori sono cambiati e oggi le persone non sono più disposte a vivere situazioni che non le appagano semplicemente per uno stipendio, specie quando possono avere delle possibilità di sopravvivere grazie alla Naspi o al reddito di cittadinanza.
Inoltre due anni di pandemia, la guerra e l’accelerazione di un processo in atto da diversi anni hanno reso le aziende più deboli e quindi si sono trovate a dover essere più attente alla gestione dei cosiddetti “costi”. Anche se qui occorre fare un inciso: ci sono costi che non possiamo eliminare se non vogliamo chiudere le aziende o ridurre il servizio al cliente.
Ne sono un esempio le risorse umane: senza dipendenti l’azienda non produce e quindi non fattura. Gli stipendi delle persone devono essere congrui perché come diceva Goldsmith “se paghi con le noccioline, lavori con le scimmie”.
L’idea cardine su cui si fonda il mio lavoro e su cui costruisco il mio percorso con i clienti è proprio rivolto a far rinascere imprese e persone ovvero trovare la soluzione ai problemi che affliggono le aziende con un desiderio ripartire e ritrovare lo slancio giusto per guardare/costruire un futuro diverso. Ridare dignità e senso al lavoro in un’ottica di creazione del valore di tutti, all’interno di un’organizzazione, indipendentemente dalle dimensioni, è la mia missione.
Prima di passare al “cosa fare”, ritengo sia importante illustrare alcuni dati che fotografano meglio questa situazione.
Le dimissioni, hanno un impatto sull’azienda importante sia a livello di performance e sia sul clima interno per le seguenti ragioni:
a) sovraccarico di lavoro (32%)
b) desiderio di emulazione (18%)
c) demotivazione (17%)
d) perdita di punti di riferimento (18%).
Ciò che porta le persone a dimettersi sono principalmente:
a) insoddisfazione (47%)
b) mancanza di interesse per il ruolo ricoperto o mancata comprensione del senso di quello che si fa (34%)
c) mancanza di obiettivi chiari e condivisi (30%)
d) scarso interesse per la crescita della persona (48%)
e) mancanza senso di appartenenza (56%)
f) ingiustizie nel trattamento economico (28%)
g) inquadramento e compenso economico (18%)
Mentre ciò che rende difficile il reperimento di risorse qualificate è:
a) un sistema scolastico che non forma, non qualifica e non orienta
b) un paese che non forma sufficienti persone in ambiti prevalentemente tecnici (ingegneri meccanici, medici, meccanici, elettrotecnici, idraulici, elettricisti, ecc…)
c) aziende poco attrattive per i giovani in quanto non allineate sui valori e linguaggio
d)un concetto di lavoro in continua evoluzione e sempre meno “dovere” sempre più “relazione”.
Quindi che fare per far fronte in modo efficace a questi fenomeni che rischiano di mettere in ginocchio molte realtà imprenditoriali?
Ripartire dalla strategia: che azienda voglio essere? Come voglio essere percepita? Cosa mi differenzia dalle altre? Quali valori mi avvicinano alle giovani generazioni? Cosa posso offrire che altri non offrono? Quali traguardi voglio raggiungere nei prossimi tre anni?
E da qui far discendere: comunicazione, profili professionali, azioni , politiche di gestione del personale che siano coerenti con la strategia che guarda al futuro e poi coinvolgimento dal basso …. Le soluzioni per migliorare l’esistente possono venire solo dalle persone.
Per dare un taglio concreto a tutto questo pubblicherò una serie di video per illustrare quante cose si possono fare per arginare il problema delle dimissioni di massa e del reperimento delle risorse qualificate.
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