Basta accendere la TV per sprofondare in quella strana sensazione di incertezza come se ci venisse a mancare, all’improvviso, il terreno sotto i piedi, come se il futuro fosse avvolto da una nebbia indecifrabile e immediatamente il nostro battito cardiaco accelera, il livello di cortisolo aumenta, iniziamo a non dormire bene, ci sentiamo stanchi e affaticati.
Questo non aiuta a prendere in mano la situazione e risolvere i problemi concreti, oggettivi e molto seri.
È banale lo so … ma la mia domanda è: “cosa facciamo per cambiare la situazione?”
Di fronte a questa domanda in genere cala il silenzio.
Un silenzio che è una risposta… niente!
Continuiamo a fare le cose di sempre e a pretendere che altri risolvano la situazione.
Se aspettiamo che qualcuno intervenga, che all’improvviso le bollette si azzerino, che la politica decida di mettersi dalla parte dei cittadini e degli imprenditori, rischiamo di aspettare invano, e intanto la situazione non migliorerà.
Gli esseri umani non amano l’incertezza
Si sa che gli esseri umani non amano l’ignoto, anzi la maggior parte di noi è maniaca del controllo, io per prima.
Peccato che ci sono eventi o situazioni, che spesso animano le nostre notti insonni, che non dipendono da noi.
Noi non possiamo farci nulla se non cercare di evitare o limitare gli effetti negativi.
Di fronte ad una prospettiva incerta per chi oggi ha delle attività, l’unica cosa da fare è concentrarsi su quello che abbiamo: le persone, i nostri collaboratori o se non li abbiamo, su noi stessi.
Che ci piaccia o no dobbiamo fare qualcosa di diverso da quello che abbiamo sempre fatto.
Occorre assolutamente ricreare o creare (se non c’è mai stato) un tessuto di fiducia, collaborazione, dove insieme si vince e separati si perde.
E attenzione, si perde tutti, nessuno escluso!
Dobbiamo rimettere le persone al centro? Forse dobbiamo fare di più
Da tanti anni si sente dire “dobbiamo rimettere le persone al centro”, e non è mai stato fatto, ora è di vitale importanza ma occorre andare oltre.
Servono politiche di gestione del capitale umano allineate con una strategia di emergenza, che dobbiamo avere.
Se non l’abbiamo la dobbiamo pensare e definire.
Serve fare accordi con il personale per uscire insieme a superare questa situazione, quanto meno, “anomala”.
Serve condividere i risultati e garantire il lavoro ai dipendenti.
Serve remare tutti nella stessa direzione.
Questo presuppone saperlo fare e non è semplice, si sa … le persone non reagiscono tutte come vorremmo. Ognuna ha una storia, le proprie esperienze, i propri problemi, le proprie ferite che in questo momento si accentuano, complicando ulteriormente la situazione.
La gestione del personale, si può imparare ma non dall’oggi al domani.
E non mi riferisco a quello che in genere viene scambiato per “gestione del personale” come fare le buste paga, pianificare la formazione, fare colloqui di selezione …. No!
Qui si tratta di diventare più operativi e toccare quelle corde, molto delicate, che generano nelle persone un senso di appartenenza così forte che se una mattina uno si alza con il mal di testa, anziché stare a casa una settimana per malattia, prende un’aspirina e va al lavoro, perché si sente della soluzione del problema.
Quindi che fare?
“Anche un viaggio di mille miglia inizia con un primo passo”
Laozi
Se stai leggendo questo articolo, fai il primo passo.
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Non mollare!
Non lasciarti andare!
A tutto c’è una soluzione, tranne alla morte.
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