Articolo di Sonia Vincenzi
Sensibilizzare i collaboratori non è sufficiente. Occorre consapevolizzare tutti sul fatto che i pregiudizi sono barriere inutili.
E lavorando su questi temi, imprenditori e manager scoprono spesso che i pregiudizi sono sempre molto di più di quelli che pensavano prima di intraprendere un’attività di consulenza sul tema del benessere organizzativo.
Oggi occorre cambiare atteggiamenti, comportamenti e misurare i progressi.
I manager per far fronte a una serie di problemi discriminatori o ingiusti nella gestione del capitale umano, cercano di valorizzare al meglio le diversità e di introdurre sistemi che consentano di gestire in maniera equa e inclusiva le persone all’interno dell’azienda.
E stiamo comunque parlando di manager che ad oggi sono ancora la minoranza ma cominciano ad avvertire la necessità di rivoluzionare la cultura organizzativa, indirizzandola verso la creazione di un ambiente più umano e aperto.
Ma quando ci si pone la domanda: “cosa è ingiusto e discriminatorio?”
Si apre un mondo.
I pregiudizi e le discriminazioni non riguardano solo il genere, la razza, la cultura, l’anzianità di servizio ma ci sono tutta una serie di comportamenti che fanno male alle organizzazioni.
Quando le regole di ingaggio tra imprenditore e dipendenti non sono chiare si generano sempre situazioni discriminatorie e ingiuste.
L’esempio classico accade quando una persona presenta le dimissioni.
In genere ci si accorge dell’importanza del capitale umano solo in queste occasioni e si tende a far di tutto per trattenere le persone anche se si commettono discriminazioni nei confronti degli altri dipendenti.
Questo è un grossissimo errore.
Se le persone restano solo per i soldi si fa un danno:
- alla persona che crederà di essere indispensabile e migliore degli altri, aumentando le sue aspettative e rafforzando la sua idea di essere stata trattata ingiustamente prima;
- alle altre persone che perderanno la fiducia nei confronti del vertice aziendale e non saranno certo motivate a lavorare dando il meglio;
- all’azienda in generale che perderà efficienze, perderà le persone migliori e aumenteranno assenteismi e malattie.
Quando una persona presenta le dimissioni occorre lasciarla andare perché quella persona non è di proprietà dell’azienda e ha diritto di fare esperienze diverse. Questo lascerà tra l’altro un buon ricordo dell’azienda.
So che è molto difficile per un imprenditore digerire questa cosa ma le persone sono la risorsa più difficile e complessa da gestire. Così come sono venute se ne possono andare per questo è ancora più importante gestire il capitale umano in modo equo, trasparente e competitivo.
Solo così tutti sapranno le regole di ingaggio …
Diversamente, le persone che restano per i soldi si riveleranno proprio quelle che del loro lavoro importa poco. Spesso sono anche i più furbi, egoisti ed egocentrati.
Le vedrete subito dopo assenti per ogni mal di testa, sciopero o manifestazione.
È chiaro che tutto questo non consente la creazione di un clima organizzativo volto a far emergere talenti e competenze.
Il messaggio che passa è che i furbi hanno sempre la meglio, non le persone che lo meritano veramente e le conseguenze si possono ben immaginare …
Le cose si complicano se i manager interagiscono adottando metodi di gestione personologici o meglio detto offrendo/chiedendo favori personali.
Mi capita abbastanza spesso di vedere questo comportamento che è poco etico professionalmente e sicuramente non corretto nei confronti della proprietà.
Il giorno, infatti che questi lasciano l’azienda si portano dietro una buona fetta delle risorse aziendali.
Ma sull’etica di alcuni manager bisognerebbe aprire un capitolo a sé …quindi torniamo a noi …
Perché è importante rivoluzionare la cultura organizzativa?
La risposta è semplice: oggi è ancor più fondamentale essere un’azienda attrattiva per le risorse umane, per i clienti, per i finanziatori e in generale per tutti gli stakeholder.
Per questo occorre puntare a ridurre i pregiudizi negli atteggiamenti e nei comportamenti sul lavoro, dalle decisioni riguardanti le assunzioni e le promozioni alle interazioni con i clienti e i colleghi.
Questo crea motivazione e spinta alla crescita perché non ci sono dipendenti di serie A e dipendenti di serie B.
Ci sono persone diverse, le cui diversità e caratteristiche peculiari vanno valorizzate al meglio.
Come si fa allora a cambiare veramente la cultura organizzativa?
Intanto occorre avere chiaro dove si vuole andare e cosa serve. Da qui discendono politiche adeguate di gestione allo sviluppo del capitale umano che devono essere rese note e allineate alle strategie aziendali.
Anche la formazione svolge un ruolo importante ma deve seguire una metodologia efficace e non limitarsi a sensibilizzare le persone sui pregiudizi (inconsci) e sugli effetti che producono ma deve essere in grado di fornire strumenti per gestire concretamente i pregiudizi, cambiare i comportamenti e verificare i passi in avanti.
Se possibile (io lo consiglio sempre) festeggiare tutti i progressi, i risultati e i successi.
Una formazione efficace fornisce anche le informazioni che contraddicono gli stereotipi e permettono di interagire con persone con esperienze diverse dalle proprie.
Anni fa, in una grande azienda del settore chimico, mi fu commissionato un percorso formativo di cui nessun manager riusciva a spiegarmi la finalità, fino al giorno in cui l’amministratore delegato, un norvegese che parlava perfettamente l’italiano, alla lavagna disegnò un VOI diviso da un NOI e mi disse: “lei deve fare in modo che qui dentro ci riteniamo tutti NOI”. Questo è un modo chiaro di iniziare un percorso per abbattere pregiudizi e discriminazioni …
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