Articolo di Sonia Vincenzi
Il termine agile sta a significare facile, sciolto, veloce, scorrevole, chiaro, breve, conciso.
Tutte qualità che le persone che hanno sperimentato lo smart working non hanno trovato.
Anzi, questa modalità di lavoro ha creato pesanti conseguenze psicologiche, emotive ed organizzative.
Siamo quindi sicuri che lo Smart Working sia un modo agile di lavorare?
La risposta naturalmente potrebbe essere affermativa se le nostre organizzazioni fossero meno granitiche e complesse.
In un momento dove servono decisioni veloci, se non addirittura in tempo reale, abbiamo organizzazioni strutturate in modo tale che si fatica a prendere una decisione nell’arco della settimana.
A questo si aggiunge che c’è stata una richiesta di efficienza sovrastimata a svantaggio di una vita personale ormai inesistente.
Un logorio emotivo che deve fare i conti con famiglia, organizzazione del lavoro e gestione dei propri spazi.
Lo smart working impone una riflessione sul significato del senso di appartenenza all’azienda.
Lo smart working può essere un’esperienza positiva se ben gestita e allineata ad una qualità di vita migliore ma occorre fare un cambio di passo culturale.
Sicuramente è più proficuo mixare smart working e lavoro in azienda.
Questa opzione faciliterebbe l’interazione con gli altri, l’apprendimento e lo scambio di idee, in un mondo dove le relazioni rappresentano i nuovi valori guida.
Occorre ritrovare, all’interno delle organizzazioni, un senso di comunità e people care, che faciliti il passaggio tra passato (pre-pandemia), presente (gestione della pandemia) e futuro (post pandemia).
Anche se ormai abbiamo maturato la convinzione che non ci sarà mai un vero e proprio periodo post pandemico ma un futuro dinamico, tecnologico, incerto e a volte imprevedibile e irrazionale, il senso di comunità e del prendersi cura delle persone diventerà fondamentale.
Il cambiamento è fattibile solo se si lavora sulle nuove competenze.
In questo contesto può accadere di tutto: altre pandemie e altre situazioni che innescano nuove rivoluzioni e le persone devono essere preparate ad affrontare l’imprevedibile.
Sicuramente il futuro vedrà più persone lavorare in smart working ma culturalmente in Italia siamo ancora molto lontani.
Occorre formare le persone nel modo giusto.
Serve un nuovo mindset in grado di supportare le persone a gestire l’imprevedibile.
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