Articolo Gianbattista Liazza

Lo abbiamo scritto più volte, fino alla noia: il cambiamento che ci attende sarà epocale, rapido, profondo.

Ciò che oggi chiamiamo formazione dovrà cambiare di conseguenza.

Il capitalismo, pensate, dovrà finanziare:

a) l’innovazione tecnologica, primo pilastro su cui si baserà il cambiamento

b) la sostenibilità ambientale, secondo pilastro su cui si baserà il cambiamento

c) la formazione del capitale umano che dovrà attuare il cambiamento, terzo pilastro.

Anche il concetto stesso di capitalismo dovrà cambiare, non credete?

Un nostro grande filosofo scomparso da poco, Emanuele Severino, affermava che il capitalismo aveva liquidato il concetto storico del comunismo ma che la tecnologia avrebbe liquidato il concetto storico di capitalismo.

Ci siamo già.

Alcuni segnali indicano che tale evoluzione si è già avviata ma non è il nostro tema di oggi anche se avrà un’influenza determinante sui processi di cambiamento in ogni ambito: culturale, sociale ed economico.

La formazione del capitale umano e il cambiamento: per cambiare serve pensare e di conseguenza agire in modo diverso.

La formazione è fondamentale in questo senso.

I tre pilastri del cambiamento infatti sono determinanti e condizionanti l’uno con l’altro.

Determinante e incombente l’innovazione tecnologica e indispensabile e radicale la sostenibilità ambientale per la sopravvivenza stessa dell’umanità.

Quali esseri umani? Con quali competenze? Quale capitale umano sarà necessario?

Le società nazionali ed internazionali, l’Europa ad esempio, che affronteranno per prime e meglio questo problema governeranno lo sviluppo futuro del pianeta, gli altri, i ritardatari, porteranno la carriola.

Io qui mi limito ad un’osservazione forse semplicistica e banale. Quando cominciamo ad occuparcene?

Auspico processi formativi rapidi, efficaci, possibili ma non son cose che si improvvisano.

Buttiamo lì qualche sasso nello stagno, per vederne i cerchi svilupparsi nell’acqua, la nostra fissazione forse, ma la natura funziona così, quando vuole fare presto e bene.

Molte attività tradizionali scompariranno e molte saranno radicalmente nuove, cioè ad oggi non conosciute.

Nuove competenze dunque, possedute da capitale umano motivato, consapevole di ciò che dovrà affrontare e gestire con alto senso di responsabilità e competenze adeguate.

Il si è sempre fatto così è già tramontato, resiste solo nelle teste di chi frena, di coloro che generano ostacoli ovunque.

Ora è il tempo degli innovatori/risolutori

Quali profili serviranno?

Perché è da essi che si può partire per un radicale rinnovamento dei processi formativi.

Riteniamo si debba partire dall’ipotizzare profili nuovi per passare a programmi nuovi, a nuovi formatori e sperimentare nuovi sistemi.

I vecchi sistemi non soddisfano più le esigenze attuali, figuriamoci quelle future.

Gli Stati Uniti hanno affidato ad una giovane Italiana la realizzazione di un progetto che dovrà darci il computer quantistico (un cambiamento oggi impensabile), con un budget considerevole.

Il mondo intero ne beneficierà.

Cerchere di emulare valorizzando talenti giovani con idee nuove sarebbe la via da seguire.

Credo che l’Italia abbia bisogno di uscire dalle classifiche dell’analfabetismo funzionale, svettando e non rimanendo indietro. Ciò non è più consentito, per il bene di tutti ma soprattutto per le generazioni future.